Il Museo

IL MUSEO DI ANATOMIA PATOLOGICA “ANDREA VESALIO” DI VENEZIA

G. Capitanio 1, B. Cafferata2, L. Pellegrino3, R. Boano3, E. Fulcheri4

1 Ospedale SS. Giovanni e Paolo di Venezia – giovanni.capitanio@ulss12.ve.it
2 Università degli Studi di Padova - bacoff@hotmail.it
3 Università degli Studi di Torino – luca.pellegrino-1988@libero.it; rosa.boano@unito.it
4 Università degli Studi di Genova; Cattedra UNESCO – Antropologia della Salute, Biosfera e Sistemi di cura – ezio.fulcheri@fastwebnet.it

La Storia

Il Museo di Anatomia Patologica "Andrea Vesalio" è una preziosa testimonianza della storia dell’Anatomia Patologica veneziana: i reperti custoditi sono rappresentativi degli ultimi due secoli di attività dell’istituzione ospedaliera cittadina. Le origini del Museo si possono far risalire al 1874: è a partire da questa data che nel Regolamento Organico dell’Ospedale viene raccomandato al dissettore anatomico di custodire i reperti ritenuti più interessanti sotto il profilo anatomopatologico. Nel corso degli anni, le raccolte sono state implementate, grazie al contributo di valenti anatomopatologi: su tutti, spicca la figura di Giuseppe Jona (1866-1943), uomo di straordinaria levatura scientifica e morale, cui il Museo ha dedicato un importante spazio nel percorso espositivo.

L’esposizione attuale

Il 28 ottobre 2014, dopo svariati decenni di chiusura al pubblico, il Museo è tornato nuovamente fruibile. Al termine di un importante percorso di recupero e valorizzazione sostenuto dall’Azienda Ulss 12 Veneziana, il Museo, ora inserito nell’antico andito della Scuola della Madonna della Pace di Venezia, riflette un preciso criterio espositivo, volto a evidenziare il complesso rapporto instaurato dall’uomo con l’ambiente lagunare. La sofferenza del "popolo della laguna" è narrata attraverso 9 teche ospitanti reperti osteologici, in liquido di dimora e preparati a secco. Una parte consistente della collezione, che nel suo complesso ammonta a quasi 800 pezzi, è attualmente custodita in un deposito-laboratorio, in attesa di restauro.

La collezione in liquido di dimora

I reperti in liquido di dimora permettono di approfondire il rapporto tra uomo e ambiente: mostrano ciò che ha comportato la lavorazione del vetro per i veneziani e l'espressione patologica di epidemie che hanno interessato Venezia, come quella della "grande piaga" ovvero la tubercolosi.
Nel caso della tubercolosi l'unione dei reperti in liquido e dei preparati a secco ha permesso di presentare un quadro chiaro e completo della patologia. Allo stesso modo il caso di idronefrosi, grave conseguenza dei calcoli renali, ha completato la cassetta dei calcoli presente nel percorso museale, che mostra le forme che essi possono assumere a seconda della diversa origine.

La collezione osteologica e il reperto umano tassidermizzato

La raccolta osteologica offre interessanti spunti didattico-divulgativi per l’Anatomia Patologica, la Paleopatologia (comparazione con reperti patologici risalenti all’epoca pre-antibiotica) e l’Antropologia Fisica (relazioni fra la storia evolutiva e la salute umana). Sono esposti esempi di patologia ossea infettiva, neoplastica e traumatica, una collezione di 10 femori e di 32 calvaria, con importanti casi di iperostosi frontale interna, morbo di Paget, batrocefalia, plagiocefalia e idrocefalia. Va citato infine un raro caso di reperto umano preparato secondo le tecniche della tassidermia: una tecnica di conservazione inusuale per i reperti umani, tipica invece delle raccolte zoologiche dei musei di storia naturale. L’uomo, la cui età è stata stimata intorno ai 50 anni, è alto all’incirca 67 cm e presenta vistose malformazioni scheletriche. È forse lui il "nano del Rialto" di cui parlano le cronache?